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Opinioni

The Division, viaggio nella New York colpita da un’epidemia globale

Cosa accadrebbe nelle nostre città in caso di attacco biologico? Ubisoft prova a rispondere a questa e a molte altre domande con The Division, videogioco che ci trasporta in una New York in ginocchio e ci mette nei panni dei membri della Divisione, un’organizzazione il cui obiettivo è quello di tenere in piedi la società o ciò che ne rimane.
A cura di Marco Paretti
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Fare colazione con un latte macchiato nello Starbucks sulla quinta, a New York, è una di quelle cose che ti fanno sentire istantaneamente all'interno di un film o una serie TV a stelle e strisce. Soprattutto se, come me, a New York non ci si è mai stati prima dei 27 anni, passando quasi tre decenni ad osservare la città solo ed esclusivamente attraverso uno schermo, grande o piccolo che sia. La si idealizza, diventa quasi un mito: la Grande Mela, la città che non dorme mai. Poi, con un preavviso di una manciata di giorni, ti ritrovi a dover organizzare un viaggio, scrivere interviste e capire come far entrare tre videocamere in un bagaglio a mano. Destinazione New York. Quella vera, ma anche quella di The Division, il primo videogioco davvero importante di questo 2016. Ma torniamo sulla quinta.

Fare colazione con un latte macchiato sulla quinta è effettivamente molto hollywoodiano. E anche molto hipster. Perché alla fine, più che all'ingurgitare la necessaria dose di caffeina, la scelta della catena americana è dovuta alla volontà di girare per le strade con una papercup fumante in mano, troppo bollente per essere trangugiata entro la prima mezzora. Così, con il braccio in una posizione decisamente innaturale, mi ritrovo davanti alle poste di New York ad immaginare che file debbano fare i newyorkesi in un edificio che è grande quanto 10 nostri uffici postali. Passano strade, incroci, l'Empire State Building e Times Square. Mi fermo, finisco il macchiato e penso che, realisticamente, forse le loro poste equivalgono a nostri 15 uffici postali. Giro le interviste, bevo altri macchiati, faccio l'hipster per qualche ora e torno a Milano. Poche settimane dopo, con un grande senso di deja vu, mi ritrovo nuovamente davanti a quell'immenso ufficio postale. "Sì, facciamo anche 20" penso tra me e me, prima di abbattere una manciata di nemici che ne avevano occupato gli spazi.

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Sono nella stessa New York visitata qualche tempo prima, solo che questa volta è digitale. È la riproduzione di Ubisoft della Grande Mela o, meglio, della mela marcia; il risultato di un attacco biologico che ha costretto le autorità a mettere in quarantena l'intera metropoli, gettando nel panico i cittadini rimasti intrappolati e facendo crollare completamente ogni tipo di concetto legato alla società come la conosciamo ora. La causa? Una versione modificata del vaiolo distribuita nella città attraverso alcune banconote contaminate durante il Black Friday, il venerdì nero delle compere pre-natalizie. Distolgo lo sguardo dallo schermo per guardare i pochi dollari rimasti dal viaggio nella vera New York, un po' preoccupato. L'idea è semplice ma intrigante. Ed estremamente realistica.

Me lo spiega Nafeez Ahmed, esperto di  crisi ecologiche, energetiche ed economiche: "Il rischio di un'epidemia del genere è molto alto. Diversi studi e ricerche hanno dimostrato che attualmente siamo estremamente impreparati ad affrontare un'emergenza di questo tipo". Il riferimento è all'operazione Dark Winter organizzata dal governo americano nel 2001. L'obiettivo? Capire che effetti potesse avere un attacco biologico sugli Stati Uniti. Il risultato? Le autorità sono collassate e l'operazione ha sottolineato un'impreparazione generale nella capacità di affrontare emergenze di questo tipo. Quella di The Division, quindi, rappresenta una possibilità del tutto reale, per quanto basata su quello che gli esperti definiscono lo scenario peggiore possibile.

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Ma il titolo di Ubisoft non conta solo su un background storico efficace: il suo vero punto di forza è anche l'elemento che più lo differenzia da un semplice sparatutto in terza persona. Quello, cioè, della componente online. The Division è uno strano ibrido che ripercorre una strada tracciata in precedenza da alcuni titoli, seppur in maniere sempre differenti. L'idea di base è quella di un MMORPG, un gioco di ruolo online come World of Warcraft, nel quale un grande numero di giocatori umani si ritrova a giocare insieme negli stessi spazi virtuali. Ubisoft ha fornito a questa impostazione un tocco tutto particolare – come già aveva fatto Activision con il suo Destiny – realizzando un titolo vasto e complesso, difficile per certi aspetti da assimilare ma altrettanto divertente una volta osservato dal giusto punto di vista.

Il risultato è un gioco che ad una prima occhiata risulta essere uno sparatutto in terza persona, condito però da forti meccaniche da gioco di ruolo e ambientato in uno spazio completamente aperto ed esplorabile: Manhattan. Ciò significa che, sebbene la componente action sia effettivamente molto presente, aspetti come la creazione e il potenziamento dell'equipaggiamento, l'aumento di esperienza e l'esplorazione hanno un ruolo di spicco all'interno delle meccaniche di gioco. Così come lo ha la collaborazione, vera punta di diamante del gioco e, ovviamente, maggiore pregio di The Division. È possibile creare squadre di un massimo di quattro persone con cui affrontare le molte missioni – ce ne sono a decine, sia principali che secondarie, più vari piccoli obiettivi sparsi per la mappa – selezionando sia amici che giocatori presenti all'interno degli spazi pubblici, cioè quelli che prevedono l'interazione tra tutti gli utenti online in quel momento.

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L'elemento in comune è importante: tutti apparteniamo alla Divisione, un gruppo di civili addestrati che, in caso di emergenza, abbandona le proprie vite normali con l'obiettivo di tenere in piedi la società o ciò che ne rimane. Si ispira ad una organizzazione chiamata stay-behind e pensata dai britannici durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo obiettivo era proprio quello di costituire una linea di difesa interna creata da personale non militare ma addestrato per poter resistere ad un'invasione nemica. Proprio come la Divisione, che però deve difendere la città dal virus e dalle gang che hanno sfruttato il caos per prenderne il controllo. L'aspetto sociale del gioco è quindi il punto di forza di tutta l'esperienza, ma anche uno degli elementi potenzialmente problematici per alcuni giocatori. Il motivo è semplice: la solitudine. The Division è un titolo che può essere giocato dall'inizio alla fine da soli, senza aiuti esterni o gruppi di amici. Così come si può esplorare New York (quella vera) completamente soli, senza dover per forza organizzare comitive di amici. In entrambi i casi la qualità dell'esperienza è notevole, ma la natura stessa della città e i suoi grandi spazi generano un senso di solitudine che inevitabilmente fa desiderare di avere un gruppo affiatato con cui esplorarli.

E in effetti all'interno di un team il gioco assume una dimensione ludica ben più appagante ed efficace, capace di regalare ore e ore di divertimento tra missioni, esplorazioni e combattimenti. Un gruppo ben coeso è inoltre ideale per affrontare la cosiddetta Zona Nera, una parte di Manhattan blindata all'interno della quale i giocatori possono interagire liberamente anche in maniera aggressiva. Questo si traduce in meccaniche che vanno a modificare leggermente quelle del gioco classico e obbligano ad avere un approccio ben più cauto verso gli altri e l'esplorazione in generale. Le idee, in questo frangente, sono interessanti: se si uccide un giocatore si viene etichettati come traditori per un tempo limitato, durante il quale gli altri giocatori ottengono un bonus se ci uccidono. Inoltre, tutto l'equipaggiamento raccolto deve necessariamente essere portato in apposite zone d'estrazione che, inevitabilmente, diventano dei fuochi di violenza nei quali solo la collaborazione garantisce il trasporto dei preziosi oggetti al di fuori della Zona Nera.

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La presentazione di The Division, insomma, è davvero efficace e, merito anche di un comparto tecnico all'avanguardia, rapisce per diverse ore non appena si prende in mano il pad. I problemi insorgono però dopo aver svolto qualche missione e, come in molti altri titoli del genere, hanno un'unica, grossa costante: la ripetitività. Nonostante le dimensioni della città, spesso le missioni non riescono a differenziarsi più di tanto le une dalle altre, provocando un'inevitabile sensazione di già visto. A questo aspetto, però, i futuri aggiornamenti promessi da Ubisoft potrebbero mettere una pezza, offrendo contenuti nuovi e pensati in maniera leggermente diversa rispetto a quelli attualmente disponibili. Per il momento The Division resta un prodotto valido e divertente, più rifinito di altri titoli del genere usciti nel corso degli ultimi anni e potenzialmente in grado di diventare un fenomeno nel campo dei giochi online. Nella New York di The Division non si può fare colazione con un latte macchiato di Starbucks, ma l'appagamento ludico e visivo offerto dall'esperienza ripaga la mancanza più che degnamente. Con buona pace della vera New York e dei suoi uffici postali.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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