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PlayStation 4, perché i terroristi dell’Isis potrebbero utilizzarla per comunicare?

La PlayStation 4 potrebbe essere utilizzata dai terroristi per comunicare tra loro e organizzare azioni e movimenti senza essere individuati. È quanto sostenuto da Jan Jambo, ministro belga per gli affari interni, che ha spiegato come l’ambiente notoriamente difficile da monitorare della console di Sony potrebbe consentire comunicazioni sicure tra i membri dell’Isis.
A cura di Marco Paretti
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playstation 4 isis chat

La PlayStation 4 potrebbe essere utilizzata dai terroristi per comunicare tra loro e organizzare azioni e movimenti senza essere individuati. È quanto sostenuto da Jan Jambo, ministro belga per gli affari interni, che ha spiegato come l'ambiente notoriamente difficile da monitorare della console di Sony potrebbe consentire comunicazioni sicure tra i membri dell'Isis. E come, nonostante le misure di sicurezza siano inferiori a molti servizi di messaggistica, le sue caratteristiche inusuali la rendano comunque "ancora più difficile da tracciare rispetto a WhatsApp". Un elemento che stupisce, visto che proprio il servizio di messaggistica istantanea è stato accusato di consentire conversazioni sicure ai terroristi grazie al sistema Open Whisper, il metodo di protezione end-to-end più efficiente offerto da un’applicazione.

PlayStation, secondo Jambo, offre numerose alternative al semplice invio di messaggi: ci sono le chat vocali, le videochiamate tramite il servizio online PlayStation Network e la possibilità di inviare messaggi attraverso i vari giochi. Un'eventualità sottolineata anche dalle rivelazioni di Snowden in merito al monitoraggio portato avanti dall'NSA, che proprio nei giochi più famosi si "infiltrava" per scovare eventuali ritrovi di terroristi. Il problema è però che le nuove forme di comunicazione offerte dalle console sono così varie da risultare quasi impossibili da tracciare e, allo stesso tempo, poco appetibili da parte delle agenzie. Che in questo modo lasciano il campo potenzialmente libero alle organizzazioni terroristiche.

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In breve, per comunicare attraverso la console di Sony ai terroristi basterebbe creare un "party", un gruppo generalmente associato a più giocatori che vogliono giocare insieme, ma che di fatto possono parlare di ciò che gli pare. Anche di attacchi terroristici. Sebbene risulti poco chiaro il livello di infiltrazione dei governi all'interno di queste realtà, l'ambiente console è da sempre risultato più difficile da monitorare rispetto a servizi di comunicazione tradizionali, come cellulari e computer. A questo si aggiunge il fatto che, ad oggi, il bacino d'utenza del solo PSN è enorme: 110 milioni di utenti, dei quali 65 milioni attivi. Difficile tracciarli tutti e, soprattutto, impossibile profilarli: sul web le agenzie governative sono in grado di creare dei profili da associare ad eventuali attività terroristiche, cosa che su console non è mai stata fatta proprio in virtù della maggiore difficoltà nella profilazione di un ambiente così particolare.

Al di là delle insinuazioni di Jambo – non è ancora stato dimostrato che i membri dell'Isis abbiano effettivamente utilizzato questo mezzo di comunicazione – le possibilità offerte da una console sono effettivamente molte. E vanno persino al di là dei semplici messaggi di testo o delle chat vocali di gruppo. Come sottolinea anche Forbes, i terroristi potrebbero comunicare un messaggio senza dover dire una parola: per esempio disegnando un piano d'attacco attraverso le monete di Super Mario Maker – per citare un gioco esterno alla piattaforma Sony – per poi condividerlo privatamente con un amico o "scrivendo" una frase – temporanea, perché dopo pochi secondi svanisce – sparando ad un muro in Call of Duty. In quest'ultimo caso, come in molti giochi di guerra, non ci si stupirebbe nemmeno nel caso in cui si parlasse di armi, bombe o uccisioni: sono termini che fanno parte del mondo fittizio creato dagli sviluppatori. Fantascienza? Non troppo, perché si tratta di opzioni attuabili e quasi impossibili da tracciare.

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Non che l'obiettivo sia quello di demonizzare le console da gioco, anzi, ma come nel caso delle accuse ai cellulari usa e getta – criticati proprio per le possibilità che offrivano ai criminali – le aziende produttrici di questi dispositivi potrebbero essere più inclini a fornire strumenti utili ai governi per monitorare determinati account o console rispetto alla confusa situazione attuale. Anche perché indicazioni in questo senso ci sono: a maggio un 14enne austriaco è stato condannato a due anni di prigione per aver caricato sul PlayStation Network lo schema di costruzione di una bomba dopo aver avuto contatti con l'Isis. I terroristi utilizzano quindi PlayStation 4 per comunicare? Forse, ma oltre alle dichiarazioni del ministro belga è bene tenere a mente che quelle della console di Sony non sono le uniche possibilità di comunicare in sicurezza a disposizione dei terroristi.

Lo stesso WhatsApp, criticato dal primo ministro inglese Cameron, sfrutta un sistema di protezione dei dati talmente sicuro da rendere impossibili le intercettazioni che non avvengano direttamente all'interno dei dispositivi. Ma i servizi che consentono comunicazioni dirette o indirette sono ormai innumerevoli e in questo enorme calderone la PlayStation 4 rappresenta solo uno dei possibili mezzi a disposizione dei terroristi. Possibili, perché l'effettivo utilizzo non è stato dimostrato da indagini ma solo da ipotesi, come quella di Jambo. Ipotesi che, comunque, risultano plausibili e, più che ad un'inutile e assurda demonizzazione del mezzo, dovrebbero portare a una semplice consapevolezza: chiunque può utilizzare questi strumenti per comunicare. Anche i terroristi.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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