Non molti videogiochi possono dire di aver vinto 200 premi ancor prima della loro uscita. The Witcher 3: Wild Hunt, però, può farlo. Dopotutto il titolo sviluppato dai ragazzi di CD Projekt RED fa parlare di sé da ormai 4 anni, il tempo che ha separato l'uscita del secondo capitolo dal debutto di quest'ultimo e che ha visto fioccare, soprattutto nell'ultimo periodo, immagini e filmati che hanno fatto letteralmente venire l'acquolina in bocca ai fan. Un'attesa spasmodica dovuta in gran parte all'elevata qualità che ha sempre contraddistinto le produzioni della software house polacca e per le promesse che questo terzo capitolo ha sbandierato fin dal suo annuncio. Un passo in avanti che per la saga non significa solo proseguire con le avventure di Geralt di Rivia, ma anche fare un grosso salto in avanti verso un'inevitabile evoluzione per il genere dei giochi di ruolo: un vasto, vastissimo open world.
La storia riprende ancora una volta le vicende di Geralt di Rivia, un umano sottoposto a mutazioni che gli permettono di affrontare i mostri che ormai hanno invaso tutto il mondo. Un Witcher, come viene chiamato dagli abitanti, che vaga di città in città alla ricerca di contratti e, nelle fasi iniziali del gioco, della maga Yennefer e della sua vecchia apprendista e figliastra Ciri. Da qui si apre una storia lunga, immensa e composta da una moltitudine di sfaccettature. Una manna per chi apprezza una narrazione complessa e articolata, inserita in un mondo altrettanto profondo e abitato da una moltitudine di creature, siano esse umane o non. E sul comparto narrativo di The Witcher 3 si potrebbero spendere davvero fiumi di parole: la verità è che i segreti di ogni luogo, città o grotta possono essere dischiusi solo dai giocatori stessi, che però hanno la possibilità di scegliere. Cosa esplorare, con chi parlare, che missioni affrontare. Il mondo di gioco è così vasto e le azioni possibili così numerose che è facile perdersi. E in questo gli sviluppatori hanno fatto un lavoro encomiabile: le missioni – principali e secondarie – si susseguono senza sosta, ma, anche al di fuori di esse, il mondo è sempre pronto a rapirci o ad attirarci in qualche anfratto che richiede la nostra attenzione.
È in questi momenti che il gioco decolla. O meglio, che il mondo di gioco respira. Gli uomini e le donne al lavoro, le guardie intente a gestire accampamenti e i mostri, veri protagonisti della storia, costantemente in agguato. Il senso di dinamicità e di evoluzione dei luoghi e dei personaggi è innegabilmente forte. Liberate uno spirito che pensavate fosse gentile e si trasformerà in un temibile wraith che dovrete cacciare e sconfiggere, entrate in una città assediata da una creatura misteriosa e la gente sarà spaventata, devastata e in cerca d'aiuto. In questi frangenti il gioco brilla come pochi titoli riescono a fare, proprio grazie alla vitalità che molti elementi trasmettono. Così ci si ritrova a parlare a cittadini, soldati e re, a cacciare creature delle foreste o semplicemente investigare su eventi misteriosi. La scelta su come affrontare le varie situazioni che ci si pareranno davanti sarà sempre e solo la nostra: possiamo cercare, per esempio, di convincere un plotone ad allontanarsi da una casa con la forza, pagando i soldati o utilizzando la manipolazione della mente. Sono piccoli – e grandi – momenti che però forniscono un senso di appartenenza al personaggio e ci rendono partecipi delle vicende che si susseguono su schermo.
Ci sono poi i momenti che, inevitabilmente, richiedono un'azione più diretta. Non fraintendeteci, i combattimenti rappresentano una parte fondamentale di The Witcher 3, così come già facevano nei precedenti episodi, ma sarebbe ingiusto dargli più importanza rispetto ad elementi come la narrazione o l'esplorazione degli ambienti. In questo frangente i fan più attempati della serie potrebbero avere qualcosa da ridire: uno degli aspetti più interessanti del secondo capitolo era quello della preparazione ad una battaglia. Utilizzare decotti, preparare pozioni e sistemare l'equipaggiamento erano requisiti fondamentali per sopravvivere a qualsiasi tipo di scontro, dai più semplici ai più difficili. In The Witcher 3 questo elemento è presente in forma minore: le pozioni ci sono, così come fanno ancora capolino decotti e varie parti di equipaggiamento potenziabili, ma gli scontri sono sicuramente più semplici da affrontare anche senza troppe precauzioni. Questo non significa che possiamo buttarci a rotta di collo in mezzo a 6 avversari armati di tutto punto e farla franca, ma nemmeno che un combattimento con due guardie armate sia potenzialmente mortale come lo era una volta. La situazione differisce leggermente quando si parla dei mostri; in questo caso l'approccio deve essere più ponderato ed è sempre bene prepararsi con criterio.
In questo il sistema di combattimento ci fornisce già un grosso supporto, in primis perché la barra della stamina non si consuma più con i semplici attacchi e poi perché ora i segni – una sorta di sistema di magie "blande" ma efficaci – possono essere utilizzati con più frequenza. Va da sé che in questo modo gli scontri risultano essere più dinamici e spettacolari, raggiungendo un buon compromesso con quello che era il sistema dei vecchi The Witcher. Dal punto di vista tecnico il gioco si difende bene: stiamo parlando di un open world immenso, dotato di una moltitudine di linee narrative possibili – anche se forse frutto di decisioni meno incisive rispetto al passato – e con un folto cast di personaggi ben caratterizzati. Non si può dire che gli sviluppatori abbiano mantenuto in pieno le promesse fatte con i primi filmati divulgati un paio di anni fa, ma il risultato finale è notevole. Dove il gioco pecca leggermente è nella presenza di alcuni bug con la telecamera – che spesso e volentieri se ne va per i fatti suoi – e con i movimenti del personaggio. Quest'ultimo punto è facilmente riscontrabile nei piccoli spostamenti di precisione, soprattutto nei luoghi interni: spesso sono necessari un paio di tentativi di troppo prima di riuscire a compiere l'azione desiderata. Nonostante questo, però, l'esperienza generale è di alto livello, di quelle che raramente arrivano nelle mani dei giocatori.
La dovizia con cui The Witcher 3 è stato sviluppato risalta in ogni aspetto del gioco, dai piccoli dettagli alle grandi scene orchestrate con cura minuziosa. La linea narrativa parte bene e cede leggermente nella parte finale della storia, ma senza mai scadere sotto il livello della noia o della mediocrità. E comunque, anche qui, sta tutto al giocatore: prima di arrivare alla parte finale potrebbero passare 20 ore come ne potrebbero passare 100. Sono così tante le cose da fare e da scoprire in The Witcher 3 che i giocatori hanno l'imbarazzo della scelta, sia su come affrontare le situazioni sia sull'impatto che si vuole avere sul mondo di gioco. Il titolo premia comunque la pazienza: spesso ci si ritrova ad esplorare, analizzare indizi e raccogliere testimonianze, tutti elementi che sulla carta possono sembrare noiosi, ma quando vengono contestualizzati nei luoghi e negli avvenimenti dell'opera di CD Projekt RED assumono un gusto del tutto nuovo, più appagante. Si potrebbe giusto fare un appunto sul sistema di viaggi rapidi, forse un po' troppo punitivo per via della necessità di raggiungere sempre un crocevia per poter viaggiare rapidamente da un luogo all'altro, ma d'altronde l'idea di base è quella di attraversare il continente in maniera attiva a piedi, a cavallo o in barca. Perché c'è sempre un altro mostro da uccidere o una grotta da esplorare.