Nasce da due fratelli italiani, Mario e Luigi, la rivoluzione dei videogiochi. Elevato a simbolo di un'intera industria, alfiere di un'azienda leader del settore e protagonista di innumerevoli titoli; Super Mario ha iniziato la sua ricerca della principessa 30 anni fa, il 13 settembre 1985, su NES. Una rincorsa infinita che prosegue tutt'oggi e che ha attraversato epoche, console e generazioni portando tanta, tantissima innovazione senza (quasi) mai deludere gli appassionati dell'idraulico più famoso del mondo. Quello che è stato definito "il miglior videogioco di tutti i tempi" ha venduto 40 milioni di copie ed è diventato una pietra miliare del settore, gettando le basi per uno sviluppo dei videogiochi che ha portato al fiorente mercato attuale.
E pensare che il personaggio non doveva neppure chiamarsi Mario. L'origine del protagonista risale infatti ad un altro leggendario videogioco: Donkey Kong. All'interno di quest'ultimo si controllava Jumpman, che di fatto rappresentava una prima versione di Super Mario. Scherzando sul fatto che il proprietario dei locali dove aveva sede Nintendo somigliasse al personaggio, l'allora presidente dell'azienda Minoru Arakawa suggerì di chiamare il protagonista del nuovo gioco come lui. Il proprietario si chiamava Mario. E da scherzo d'ufficio a fenomeno culturale il passo è breve. Super Mario è riuscito a superare tutti gli altri personaggi-simbolo dei videogiochi proprio grazie alla sua adattabilità in ogni epoca e all'interno di ogni medium, portando con sé tutti i personaggi iconici come Peach, Luigi e Bowser che, di fatto, hanno spopolato perché fortemente legati a Mario – il fratello, l'amante, l'antagonista, etc – e allo stesso tempo non possono sfuggirne, anche se inseriti in contesti "personali" come gli spin-off. Un esempio? Pensate ai giochi Nintendo dove è presente un vasto cast di personaggi: Mario è sempre il primo selezionabile. Ed è anche quello standard, senza particolari debolezze né punti di forza.
È proprio questo suo essere standard che lo ha reso malleabile agli occhi degli sviluppatori, dei videogiocatori e dei creativi. Se tutti gli altri personaggi dovevano semplicemente non essere Mario, l'idraulico ha goduto di un'estrema flessibilità che gli ha garantito la possibilità di cambiare forma e "carriera" come ci si cambia i vestiti. Così è diventato Paper Mario, Baby Mario e Dr. Mario, per citarne alcuni. Eppure il personaggio è sempre rimasto piuttosto neutro, proponendo un'immagine sociale decisamente standard – bianco, etero, ceto medio e lavoratore – che lo ha uniformato senza sforzi con la fascia demografica alla quale l'industria videoludica si è sempre rivolta. Così Super Mario si è ritrovato involontariamente al centro di discussioni socio-politiche e culturali che, di fatto, trascendono il significato originale delle scelte effettuate dagli sviluppatori, probabilmente dovute a limitazioni tecniche dell'epoca. Anche perché l'impatto che Mario ha avuto sulla nostra cultura è in gran parte dovuto al fatto che noi, proprio come i suoi compagni d'avventura, non siamo Mario. Ma allo stesso tempo siamo noi a dargli significato e a plasmare la sua personalità: Mario è nulla fino a quando non lo controlliamo.
La complessità visiva, la rigidità delle meccaniche e l'immaginario del mondo di Mario hanno insegnato a generazioni di giovani videogiocatori elementi insospettabili come il problem solving, la pazienza di provare e riprovare e la comprensione di quelli che a tutti gli effetti erano problemi matematici visivi. Super Mario ha per la prima volta suggerito implicitamente che i videogiochi possono essere un tutor per i videogiocatori e non solo un passatempo con cui tenerci occupati. Un trend che si è poi evoluto negli anni fino ad arrivare al settore attuale, ricolmo di esperienze più che "giochi", le quali spaziano da film interattivi – Heavy Rain, Until Dawn e Life is Strange, tra gli altri – fino a produzioni colossali come possono essere Grand Theft Auto V o Metal Gear Solid V: The Phantom Pain.
In tutto questo, però, Mario non è cambiato o, quando l'ha fatto, non si è discostato di molto dall'idea originale. Non ci stiamo ovviamente dimenticando dell'innovazione portata da titoli come Super Mario 64 o dal recente Super Mario Galaxy, così come è impossibile non ricordare episodi più fuori dagli schemi usciti sulle console Nintendo nel corso degli ultimi 30 anni. Mario, però, è rimasto sempre lo stesso: un personaggio apparentemente buffo inserito all'interno di mondi apparentemente buffi. Apparenze che tradiscono la reale importanza della serie. "Più creativo è il giocatore, più cose proverà e più diventerà divertente il gioco" ha spiegato più volte Shigeru Miyamoto, creatore del personaggio. "Super Mario si basa sulla creatività dei giocatori". Un'idea che sta alla base anche di Super Mario Maker, l'ultima proposta per Wii U lanciata proprio in occasione dell'anniversario: grazie ad esso è possibile creare e giocare livelli personalizzati negli stili che hanno contraddistinto gli episodi della serie dal primo all'ultimo. Perché Mario, appunto, è nulla senza i giocatori. Così come le figure di Michelangelo erano solo marmo senza la mano dello scultore. A Super Mario servono i giocatori e ai giocatori serve Super Mario. Una collaborazione che prosegue da 30 anni e che non accenna a volersi interrompere. Auguri Mario!