Farsi un nome basato sugli sparatutto è un'arma a doppio taglio. Da un lato il genere è tra i più apprezzati degli ultimi anni – anche grazie alla costante presenza di colossi come Call of Duty e Battelefield – ma dall'altro ti incastra, nella mente dei giocatori, in un determinato genere dal quale è poi difficile uscire. Guerrilla Games, con la serie Killzone, ha indubbiamente "sofferto" di questa situazione: i suoi giochi in esclusiva Sony hanno sempre avuto ampio risalto, ma non sono mai riusciti a fare breccia nei videogiocatori al pari della concorrenza che annualmente pubblica un nuovo capitolo della serie COD. Così, per lasciare davvero il segno, Guerrilla ha dovuto abbandonare gli sparatutto, realizzando un gioco in grado di meritarsi, finalmente, tutto l'entusiasmo che solitamente circonda lo studio di sviluppo.
Horizon: Zero Dawn, esclusiva PlayStation 4, non è uno sparatutto, anzi. È un gioco di ruolo d'azione ambientato in un mondo completamente aperto. Un mondo post-post apocalittico, distante centinaia se non migliaia di anni da una catastrofe che ha rispedito l'umanità ad un'età così arretrata che i pochi umani in circolazione sono tornati a vivere in tribù e ad utilizzare arco e frecce per difendersi. Un mondo costituito da rovine della civiltà di un tempo lontano ormai completamente inglobate dalla natura. Un mondo in cui, però, oltre agli umani sono sopravvissute anche le macchine create dai cosiddetti Predecessori; macchine che vivono, cacciano e si riproducono all'interno delle grandi distese d'erba e di ghiaccio del mondo opponendosi agli umani e alla protagonista: Aloy.
Ispirata a figure come Sarah Connor (Terminator), Ripley (Alien) e Ygritte (Game of Thrones), la (forte) protagonista feminile di Horizon catalizza lo stupore, la curiosità e l'inventiva dei giocatori attraverso una storia che, dai margini della società ai quali era stata relegata in quanto emarginata, la porta a scoprire i misteri del mondo passato e presente, esplorando altre tribù e affrontando macchine sempre più intelligenti, grosse e minacciose. Bastano poche ore per farsi avvolgere dal senso di mistero di Horizon, un sentimento che ricorda quello che per tanti anni ha avvolto la serie TV Lost; una costante ricerca di risposte ai continui avvenimenti spiegabili che ci si parano davanti.
Per farlo, come anticipato, bisognerà però affrontare le macchine. Sia per procede nella storia che per raccogliere gli elementi fondamentali presenti nei loro corpi. Già, perché gran parte delle meccaniche di Horizon ruotano attorno alla creazione dell'equipaggiamento adatto ad affrontare macchinari sempre più grandi ed aggressivi. Così dall'arco si passa presto alle trappole elettriche, le frecce infuocate e le armi esplosive; tutti elementi fondamentali per riuscire ad abbattere macchine che possono raggiungere anche i diversi metri di altezza. Il gioco propone anche momenti nei quali bisogna affrontare altri esseri umani, ma nell'economia globale del gioco questi sono i combattimenti meno entusiasmanti, perché ignorano ciò che rende interessanti gli scontri con le macchine: la tattica, l'intelligenza e l'astuzia necessarie a sconfiggere con armi preistoriche nemici che dalla loro hanno dimensioni, corazze e raggi laser.
Horizon in questo funziona incredibilmente bene proprio in virtù del fatto di riuscire a far vivere insieme elementi vecchi e nuovi, dando vita ad un mondo così ben caratterizzato da mettere quasi in secondo piano i personaggi, spesso troppo (e paradossalmente) "macchinosi" nelle scene di intermezzo. Il risultato è un'opera corposa, viva e animata da un cast variegato e ben caratterizzato. Un gioco che pesca da successi come The Witcher e Monster Hunter ma utilizzando una formula in grado di essere apprezzata anche ai meno avvezzi alle meccaniche complicate, senza però perdere la profondità che conferisce al mondo e allo stesso gioco una vera e propria anima. Un gioco che riesce a stupire, Aloy e noi, con risposte mai scontate e che mantengono alto l'interesse nei confronti di una proposta davvero riuscita. Horizon finalmente giustifica il grande chiacchiericcio entusiasta attorno a Guerrilla. Con buona pace di Killzone.