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Diablo compie 20 anni, ma non è mai invecchiato

Il 31 dicembre 2016 Diablo, storico titolo di Blizzard, compie 20 anni. Eppure non sembra invecchiato di un giorno, tanto che ancora oggi molti giochi ne sfruttano la particolare “formula magica” che ha contribuito al suo successo.
A cura di Marco Paretti
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diablo 20 anni

È bastato un giorno per trasformare Diablo da un gioco qualsiasi in una rivoluzione per il settore dei videogiochi le cui ripercussioni sono tuttora ben visibili. David Brevik voleva realizzare un gioco a turni, anche per rendere giustizia ad una tradizione di giochi su carta – Dungeons & Dragons su tutti – che ha costituito la base per la creazione della serie e del suo successo. Poi, durante un colloquio con uno dei fondatori di Blizzard, Brevik fu convinto a modificare il codice di gioco per trasformarlo in un titolo dall'azione immediata, dove si falciavano senza fine mostri e altri nemici. È bastata qualche ora al computer per trasformare un gioco qualsiasi in un nuovo genere di videogioco.

Il 31 dicembre 2016 Diablo, che nel frattempo ha regalato al mondo altri due capitoli, compie 20 anni. Due decenni che non hanno scalfito la rilevanza del gioco e, anzi, ne hanno elevato sempre più l'importanza come pilone fondamentale dell'industria. Gli elementi introdotti da Diablo – l'aspetto del gioco di ruolo, il mondo in continuo cambiamento e l'incessante ricerca di nuovi oggetti – caratterizzano ormai tutti i videogiochi, anche quelli apparentemente distanti come gli sparatutto e gli sportivi. Senza contare gli innumerevoli cloni pubblicati dopo l'enorme successo che ha colpito la serie in seguito alla pubblicazione del secondo episodio.

diablo 20 anni

La vera essenza di Diablo è quella formula segreta che caratterizza tutti i giochi di Blizzard e li rende così avvincenti. Il proprio eroe diventa sempre più forte uccidendo i mostri e più forte diventa più oggetti di qualità può trovare per migliorare ulteriormente. Una progressione continua che va oltre il semplice finale della storia e rappresenta una motivazione che ha spinto milioni di videogiocatori a continuare a giocare per anni, prima a Diablo II e poi a Diablo III. Basti pensare al lavoro svolto con World of Warcraft dalla stessa Blizzard o alle contaminazioni che hanno caratterizzato altri titoli come Borderlands e The Division, appartenenti a due generi molto distanti tra loro eppure così simili a quel gioco di 20 anni fa.

Lo stesso Diablo, però, attinge ad una tradizione ben più vecchia dei giochi per PC. Una tradizione che Blizzard non nasconde e, anzi, celebra in ogni momento: quella dei giochi cartacei, delle avventure immaginate e, più in generale, di Dungeons & Dragons. I primi ad approdare in forma digitale sono stati Rogue e i cosiddetti "roguelike": videogiochi caratterizzati da una grafica estremamente minimale – erano testi in ASCII – diffusi negli anni '80. Da questa idea Brevik ha generato un titolo molto più frenetico e veloce, senza però perdere la generazione casuale dei dungeon di Rogue. Fattore ancora più particolare: presi in singolo gli elementi che caratterizzano Diablo non sono particolarmente rivoluzionari e, anzi, possono essere definiti ripetitivi, lenti e casuali. Eppure la somma di questi fattori ha generato una rivoluzione in grado di tenere alta l'attenzione dei giocatori per anni. Nel corso degli ultimi due decenni Diablo ha dimostrato di essere uno dei titoli più influenti del settore, uno dei primi ad aver allargato le possibilità offerte ai game designer e uno dei più pionieristici degli anni '90.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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