"L'obiettivo dei nostri giochi deve essere quello di far sorridere". Lo ripete da sempre Satoru Iwata, presidente di Nintendo e responsabile della direzione intrapresa dall'azienda di Kyoto negli ultimi anni. Far sorridere e unire amici e famiglia, portarli tutti davanti allo schermo per intrattenerli con personaggi ormai leggendari come Mario, Luigi, Bowser e compagnia. Stamparvi un grosso sorriso sul volto, Nintendo non chiede altro. Una strategia, quella della condivisione del momento ludico, che risulta ben chiara se si guarda al passato dell'azienda: Mario Kart, la serie Wii Sport, tutti i titoli a tema sportivo e, ovviamente, Mario Party, una sorta di Gioco dell'Oca virtuale la cui decima versione uscirà proprio tra pochi giorni in Italia.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a diversi attacchi rivolti all'industria videoludica, in particolare quando si parla di giovani videogiocatori e dei software, spesso demonizzati a prescindere, che li tengono "incollati" allo schermo per ore ogni giorno. In realtà l'opinione di chi in questo campo ci lavora è ben diversa. "I videogiochi sono uno strumento eccezionale per stare insieme" ha spiegato a Fanpage.it Alessandra Carenzio, docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e ricercatrice del Cremit, il Centro di Ricerca sull'Educazione ai Media, all'Informazione e alla Tecnologia "Consentono di lavorare su un terreno comune che favorisce sia il bambino che il genitore". Insomma, per le mamme e i papà le scuse sono poche: bisogna sedersi e giocare con i propri figli, cercando di comprendere ciò che appare sullo schermo piuttosto che demonizzarlo a priori.
Perché i benefici dei videogiochi sui più piccoli sono molti e dimostrati. Partendo dall'interessante concetto legato all'identità, divisa in tre elementi precisi: reale, virtuale e proiettiva. La prima è quella del bambino, la seconda è quella del protagonista del videogioco – Mario, per esempio – mentre quella proiettiva è rappresentata da ciò che il bambino si immagina che il personaggio debba fare all'interno del gioco. Ma anche il concetto legato allo sbagliare e riprovare, utilizzando una strategia sempre differente, e all'affinità; il confronto con gli altri bambini che, pur giocando allo stesso gioco, offrono spunti e soluzioni diverse ad uno stesso dilemma. "Dobbiamo superare gli stereotipi che da ormai troppi anni accompagnano i videogiochi" ha continuato la Carenzio "Perché sono strumenti utilissimi per creare momenti di aggregazione all'interno della famiglia. Giocate con i vostri figli".
Titoli come Mario Party 10, in grado cioè di coinvolgere fino a cinque persone mettendole davanti allo schermo, hanno un potenziale enorme dal punto di vista dell'aggregazione, soprattutto quando si parla del rapporto genitore-figlio. Perché i (video)giochi sono agōn, competizione, ma anche inclusione. Dal gioco dell'oca a Mario Party 10. "Videogiocare insieme è una cosa meravigliosa" ha spiegato la Carenzio a Fanpage.it "Perché ci mette alla pari e ci consente di confrontarci e divertirci, di porre la relazione genitoriale in un terreno nuovo e neutrale. Dove si ha l'occasione di raccontarsi". Facendo nascere, per esempio, confronti tra ciò che era "gioco" per il genitore e ciò che lo è ora per il figlio. O, elemento ancora più importante, sul significato stesso dei videogiochi.
"I genitori non si sentono a proprio agio con le esperienze videoludiche" ha commentato Jolanda Restano, blogger e responsabile di Filastrocche.it "Eppure rappresentano un momento importantissimo di condivisione, creano un legame". Una ricerca del 2009 ha svelato che i genitori non si siedono a giocare con i propri figli perché non hanno mai tempo. Una scusa che ormai vacilla e non regge più, anche secondo le esperte: bisogna investire nella relazione con i figli. Che non è mai semplice, ma non deve spaventare i genitori. In questo i videogiochi rappresentano uno strumento semplice ma efficace per ridurre le distanze che li separano dai più piccoli. "Quando nel centro di ricerca lavoriamo con i genitori, prima li facciamo videogiocare e solo dopo raccogliamo le loro idee" ha concluso la Carenzio "Bisogna provare e sperimentare. Non aver paura di sbagliare e mettersi nei panni dei figli chiedendo loro di condividere il consumo, anche con quelli più grandi. Giocate".