Sembra quasi di essere tornati a 29 anni fa, quando a Hironobu Sakaguchi venne offerta l'ultima possibilità, il tempo necessario a realizzare la sua fantasia finale in grado di vendere davvero. O lasciare l’azienda. Creò un gioco di ruolo che vendette milioni di copie e il nome, figlio di un'angoscia alimentata dalle pressioni di Nintendo, non fu mai cambiato. In quasi 30 anni la serie si è invece evoluta, ha abbracciato le nuove tecnologie e modificato ampiamente il suo approccio da gioco di ruolo, arrivando però a stravolgere l'impostazione dei combattimenti a turni solo negli ultimi dieci anni. Una modifica sostanziale che ha portato la serie a sperimentare sempre più con storie e meccaniche, arrivando a proporre un'ambiziosa saga, la Fabula Nova Crystallis, che però non è mai riuscita a lasciare il segno e, anzi, ha contribuito ad una perdita di interesse nei confronti di una serie che di anno in anno ha preso il suo mordente.
Per questo il quindicesimo episodio della saga sembra delinearsi sempre più come un nuovo primo capitolo, una fantasia finale che ha sulle spalle il destino dell'azienda, Square-Enix, e di parte dell'industria videoludica giapponese, che nel corso degli ultimi anni si è ritrovata più a rincorrere che a guidare l'avanzata dei videogiochi nel mondo. Un fardello che pesa totalmente su Hajime Tabata, nelle cui mani risiedono le redini di un progetto che si prospetta essere la più grande rivoluzione della serie di tutta la sua storia. Anche e soprattutto perché questo è il capitolo che più di tutti cerca di uscire dalla nicchia che ha sempre contraddistinto il seppur conosciuto Final Fantasy per provare un approccio mainstream e, di fatto, conquistare il mondo dei videogiocatori nella sua complessità.
Un concetto che, di fatto, si tramuta nell'episodio più occidentale della saga, ma anche il più audace dal punto di vista della trama e, soprattutto, del design del mondo di gioco. In Final Fantasy XV elementi come cristalli, maghi e posizioni convivono con macchine di lusso, smartphone e fucili da battaglia. È un capitolo radicato nella realtà nonostante l'inevitabile presenza di mostri, magie ed evocazioni. Il risultato è che i quattro protagonisti, capitanati dal principe Noctis, sono guardie reali ma non indossano pesanti armature, bensì giacche di pelle nera e anfibi. Viaggiano in automobile e non su pesanti navi volanti. Si fermano a montare la tenda per riposare e non interagiscono con delle semplici luci fluttuanti.
Questi sono tutti elementi che, oltre ad occidentalizzare ancora di più l'episodio, corrispondono a determinate scelte di gameplay. I protagonisti "evocano" le armi – ne potremo equipaggiare fino a quattro da scegliere tramite il D-Pad – e quindi possono giustificare l'abbigliamento leggero, si muovono utilizzano l'auto, la Regalia, per le strade del mondo e necessitano di riposare negli accampamenti o negli hotel per recuperare l'energia e, soprattutto, passare di livello, cosa che non avviene più semplicemente accumulando punti esperienza fino al momento del superamento di un limite prefissato. Si tratta di cambiamenti che generano una forte presenza dei protagonisti all'interno del mondo di gioco, così come lo fanno l'utilizzo delle magie e, soprattutto, le evocazioni; queste ultime, come si è già visto in diversi trailer, faranno apparire enormi Astrali che interagiranno in maniera per lo più distruttiva con la zona del mondo in cui ci troviamo, provocando enormi danni ai nemici.
Final Fantasy XV, in questo suo approccio concreto, funziona nonostante le poche ore a disposizione per saggiarne la bontà. Ciò che invece necessita di un maggiore approfondimento è la linea narrativa, colpita da un lato dalla scarsa incisività dei personaggi – almeno durante le prime ore – e dall'altro proprio dall'impostazione completamente aperta del mondo, che, di fatto, lo è solo apparentemente. Proseguendo con la storia, infatti, ci lasceremo man mano alle spalle varie ambientazioni, relegate ai capitoli che ora scandiscono la narrazione e che quindi difficilmente potranno essere rivisitate, anche solo per completare le tante missioni secondarie presenti. In questo, più che un vero titolo open world, Final Fantasy XV ricorda il decimo episodio e la sua Piana della Bonaccia: un territorio esteso e libero, ma che di fatto nasconde un lungo corridoio dal quale non è possibile sfuggire. Altro elemento simile al capitolo di Titus e Yuna è la gestione delle abilità, questa volta posizionate su una sorta di sferografia un filo più blanda rispetto a quella che caratterizzava Final Fantasy X.
Ciò che però deve davvero migliorare è la caratterizzazione dei personaggi, la cui continua interazione tramite dialoghi in ogni fase del gioco è notevole, ma che poi durante le fasi più concitate della trama – come il primo, fondamentale colpo di scena del gioco – cede il passo ad una sorta di apatia che non fa scalciare le emozioni del giocatore. Colpa anche della mancanza di sequenze filmate davvero forti che in altri episodi avrebbero caratterizzato momenti di rivoluzione narrativa e che qui, invece, vengono relegati a semplici dialoghi tra i personaggi. Resta da valutare anche lo spessore degli antagonisti, mostrati solo in una breve sequenza durante le cinque ore di prova. Se la trama può però decollare dopo qualche capitolo, il vero problema della versione (non definitiva) sulla quale abbiamo messo le mani è quello tecnico.
Final Fantasy XV sarebbe dovuto uscire il 30 settembre, dopo quasi 10 anni di sviluppo, ma nel corso delle ultime settimane è stato rimandato al 29 novembre. Il motivo? Ultimare la pulizia del gioco e l'ottimizzazione del motore grafico proprietario, il cui utilizzo ha creato non pochi problemi agli sviluppatori perché, di fatto, è stato sviluppato in corsa insieme al gioco. Il risultato è quello che abbiamo potuto apprezzare durante la prova: l'impatto visivo è a tratti entusiasmante, ma i problemi tecnici ne rendono quasi totalmente vani gli sforzi. Quando si è sulla macchina – nonostante non si possa guidare liberamente per il mondo ma si sia relegati a "binari", elemento che sarà bilanciato dalla libertà concessa dai Chocobo – il frame rate scende vorticosamente, salvo eclissarsi definitivamente durante gli scontri più concitati, quando cioè lo schermo è pieno di effetti particellari, armi che appaiono e scompaiono e magie che bruciano ogni elemento dello sfondo. Il tutto è reso ancora più caotico da una telecamera che, sebbene sia migliorata dalla prova precedente, risulta ancora fastidiosa nei suoi movimenti automatici. Per questo è un bene che Square-Enix si sia presa due mesi per correggere questi aspetti, vista anche l'importanza che questo titolo ha per l'azienda e il settore giapponese. Perché il gioco, dopo cinque ore, appare promettente sotto molti aspetti, ma sul mercato deve arrivare perfetto per evitare disastrosi e irreparabili scivoloni. D'altronde quella di Tabata è ora più che mai una fantasia finale fin troppo simile a quella di Sakaguchi.